Sintesi del secondo rapporto Censis sull’avvocatura italiana

In allegato le slides sulle due indagini condotte dal Censis

1. Immagine e reputazione dell’avvocatura nell’opinione degli italiani

2. Percorsi e scenari dell’avvocatura italiana

 

La sintesi del rapporto.

Una professione ancora prestigiosa, ma ferita dalla crisi

Il 71,6% degli italiani non ha fiducia nel sistema giudiziario e il 30,7% ha deciso di non avviare un’azione legale a propria tutela. Nel 2016 il 44,9% degli avvocati ha subito un ridimensionamento delle entrate

 

Una professione ancora prestigiosa.

Le professioni che gli italiani ritengono più prestigiose sono il medico (59,9%) e l’ingegnere (34,7%). Gli avvocati si collocano a metà classifica (16%), preceduti dai consulenti del lavoro (21,4%) e seguiti da giornalisti (15,8%), commercialisti (11,2%) e architetti (8,4%). Chiudono la classifica i notai con il 2,9%.

 

Un ruolo attivo per il buon funzionamento del Paese.

Gli Italiani attribuiscono agli avvocati un ruolo attivo nella diffusione della legalità (27,4%), nel miglioramento della macchina amministrativa pubblica (22,1%), nella stabilizzazione dei rapporti di lavoro (20,3%) e nella tutela dei segmenti deboli della società (20,1%). Rispetto al tema della giustizia, il 42,3% dei cittadini ritiene che gli avvocati possano svolgere un ruolo nel risolvere l’eccessiva durata dei procedimenti giudiziari, il 27,7% glielo riconosce nella riforma del sistema e nei rapporti con la magistratura, l’11,1% per i costi d’accesso alla giustizia. Tra i soggetti che garantiscono un migliore funzionamento della giustizia, gli avvocati sono indicati solo dal 12,1% della popolazione. Prevalgono le forze dell’ordine, indicate dal 40,7%, e la magistratura, con il 35,3%, seguita dalla Corte Costituzionale (20,6%) e dal Consiglio superiore della magistratura (19,7%).

 

La sfiducia nella giustizia.

Per il 71,6% dei cittadini il sistema giudiziario italiano non è in grado di garantire pienamente la tutela dei diritti fondamentali. Complessivamente, più della metà degli italiani (52,6%) ritiene che la situazione del sistema giudiziario sia rimasta pressoché invariata nel corso del 2016. Il 38,2% segnala invece un progressivo peggioramento del sistema nel corso nell’ultimo anno (e la sensazione di deterioramento si riscontra maggiormente nelle aree meridionali del Paese: 41,1%).

 

C’è chi rinuncia a far valere i propri diritti

Nel corso degli ultimi due anni, il 30,7% degli italiani ha deciso di non avviare un’azione legale a propria tutela. Ad aver rinunciato alla tutela giudiziaria di un diritto sono soprattutto le persone più istruite: il 36,3% dei laureati e il 31,1% dei diplomati, a fronte di solo il 15,7% di chi ha la licenza media. Tra le ragioni che hanno convinto i cittadini a non farlo, il 29,4% indica il costo eccessivo della procedura e il 26,5% i tempi lunghi per giungere a un giudizio definitivo. Più contenuta la percentuale di chi motiva la rinuncia con la sfiducia nei confronti del funzionamento della giustizia (16,2%) e con l’incertezza dell’esito finale (15,9%).

 

La fotografia degli avvocati, tra «sopravvissuti» alla crisi e pessimisti.

Il Rapporto del Censis contiene anche un’indagine sull’autopercezione della professione secondo un campione di circa 10.000 avvocati. Nel 2016 il 44,9% degli avvocati ha subito un ridimensionamento delle proprie entrate. Negli ultimi due anni si è ridotta anche la quota di chi ha incrementato il fatturato, passata dal 25,1% nel 2015 al 23,8% del 2017. Il 34,1% degli avvocati dichiara di «sopravvivere» nonostante la situazione e il 33% definisce molto critica e incerta la propria condizione professionale. Tra il 2015 e il 2017 è anche aumentata la quota di quanti prevedono un peggioramento, passati dal 24,6% al 33,6% del totale. La difficoltà a risparmiare continua a collocarsi al primo posto tra quelle elencate (78,8%), seguita dalla diminuzione del reddito familiare (50,4%), le difficoltà economiche dovute alla riduzione o all’interruzione dell’attività professionale (45,2%), le difficoltà economiche dovute a spese impreviste (41,6%). A una chiara identificazione del disagio non corrisponde da parte degli iscritti alla Cassa Forense una decisa propensione all’utilizzo di strumenti finalizzati dalla Cassa proprio a supportare gli iscritti nella gestione di situazioni di difficoltà. Se il 42% degli avvocati dichiara di essere a conoscenza del Regolamento sull’Assistenza della Cassa Forense in vigore dal 1° gennaio 2016, l’utilizzo degli strumenti previsti appare ancora non molto diffuso. Solo l’indennità di maternità raggiunge, fra chi ha dichiarato di essere a conoscenza dei contenuti del Regolamento, una quota di utilizzo superiore al 10%. 

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